
La Tecnica del canto Musical e le differenze col mondo operistico
Broadway, le otto lettere dei sogni.
Paillettes luccicanti, trucchi meravigliosi, coreografie mozzafiato, tripudi di melodie ed emozioni.
Il musical è la vita che esplode nella sua sfrenata bellezza attraverso la musica.

Questo genere nasce molto prima di quanto possiamo immaginare. Esso, infatti, si origina mescolando il variegato e multiculturale ceto popolare americano di metà ottocento all’operetta europea e al teatro di prosa e si rivolge alle masse, conquistandole completamente col suo fascino.
Siamo in tanti a cedere alle lusinghe dello spettacolo su pentagramma, ma… cosa si nasconde dietro quei personaggi che tanto ci fanno sognare?
Siamo qui per chiederci: il canto musical è lo stesso che sentiamo in radio? O è più vicino a quello operistico? Si avvale di un’unica tecnica particolare?
Non essendo un’esperta della tecnica del musical theatre mi sono rivolta a chi ne sa più di me, e, in questo caso, alla mia amica Anna, la quale preferisce rimanere dietro le quinte. Anna ha frequentato la London College of Music, per poi tornare in Italia e dedicarsi all’opera (motivo per cui le faremo anche delle domande trasversali ai due mondi).

Orsù apriamo gli occhi, risvegliamoci per un attimo dal sogno e dalla magia del palco per appropriarci dei segreti e della tecnica di questo genere meraviglioso.
- Presentiamo Anna, la sua esperienza e le prime differenze tra genere musical e opera.
Vinta una borsa di studio per la London College of Music, frequenta i corsi di Musical Theatre a Londra. La sua esperienza personale è comune a molte persone che hanno battuto la stessa strada prima e dopo di lei. Superate le difficoltà tipiche dello straniero in una cultura anglosassone, imparata una perfetta e fluente pronuncia inglese per la recitazione, tra insegnanti molto esigenti, coglie ciò che le serve: padroneggiare le tre tecniche caratteristiche del musical, raggiungere un’eccellente grado di recitazione e acquisire nozioni di ballo.
Nel musical, infatti, esistono due macro gruppi di performers: gli attori cantanti (singers/actors), di cui Anna fa parte, e i ballerini. Ai primi sono affidati i ruoli primari e secondari, mentre i ballerini, i quali comunque devono saper cantare, compongono l’ensemble.
Ecco una prima differenza tra mondo musical e operistico: il ballo. Agli attori/cantanti sono richieste, seppur in minima parte, competenze di ballo: danza classica (Ballet), modern jazz (danza moderna), tip tap e musical theater repertoire.
Quest’ultimo, di cui ignoravo l’esistenza, è un “pacchetto” di coreografie standard da ripetere senza variazioni ogni volta. Ad esempio, la coreografia di “All That Jazz” sarà sempre uguale a sé stessa durante tutti i possibili spettacoli del musical “Chicago”.
“Tanzsaal” da Tanz der Vampire (la coreografia parte dal minuto 1.05)
Nell’opera, la divisione tra queste figure è completa: i cantanti sono assolutamente esenti da ogni tipo di movimento impegnativo, causa di fiatone e perdita di appoggio diaframmatico e il ballo è affidato appunto al corpo di ballo, non cantante.
- Anna, ora parlaci delle tre tecniche di canto musical
“Ciao! Nel canto musical ci sono diversi modi di impostare la voce: Legit, Belt e Mix. Ognuna di queste tecniche possiede delle caratteristiche ben precise e differenti le une dalle altre. Analizziamole separatamente.
- Legit
E’ ciò che di più simile abbiamo al canto classico.
Si tratta di un canto di testa, in cui percepiamo le risonanze del suono nella zona craniale.
Si definisce “in corda lunga” (nel prossimo paragrafo spiegheremo cosa significa), con una respirazione diaframmatica e un appoggio basso, al livello anche lombare della schiena.
La differenza tra legit e lirica è la seguente: nello stile operistico usiamo coprire maggiormente i suoni, ovvero innalziamo di più il palato molle. Il suono che ne consegue è più scuro, più tondo, più omogeneo del legit, il quale è lievemente più leggero e “sbiancato” e si percepisce di più la soluzione di continuità durante il passaggio di registro. Inoltre, avendo meno spazio interno a disposizione, il suono legit sarà meno amplificato e dunque meno ricco di armonici.
La laringe, come nel canto classico, si abbassa e si rilassa, con un’inclinazione della tiroide e del piano glottico.
Sierra Boggess canta in stile Legit: “Falling in Love with Love”
- Belt
Il canto belt è settato totalmente sulla voce di petto, con la quale percepiamo la consonanza delle ossa della gabbia toracica non solo per il registro grave. In altre parole, si “trascina” la voce di petto anche in acuto.
La laringe non è assolutamente abbassata.
Non direi che la laringe sia alzata, in quanto si genererebbe una sensazione di strozzamento, ma sicuramente non è abbassata, è nella stessa posizione che si ha durante il parlato.
La respirazione non è più a livello diaframmatico, ma è più alta, ad altezza scapolare con appoggio sui dorsali e sulle scapole.
Per appoggio scapolare non si intende un vero e proprio appoggio, ma è un’idea percettiva. Ricordiamo che si canta esclusivamente tramite diaframma (abbiamo spiegato ampiamente come funziona la fonazione nell’articolo sulla fisiologia, in quello della voce in maschera e nei relativi video), ma la percezione di tensione muscolare può cambiare da persona a persona, da stile a stile. Nel canto belt, lo sforzo muscolare che si percepisce durante l’emissione è più alto rispetto al legit: è, appunto tra le scapole, come se avessi due mele sotto le ascelle e dovessi tenerle. Le scapole di conseguenza si avvicineranno e la sensazione è quella di essere estremamente radicati verso terra.
La corda vocale, al contrario del canto in legit, è corta, più spessa.
Il belt richiede più massa cordale. Per massa non si intende forza, in quanto quest’ultima può portare ad un’idea di costrizione e spinta, ma ciò che si intende è “inserire più massa nelle corde vocali”, ovvero addurre queste ultime con più intensità. Il suono risulta essere nettamente più forte di un suono di testa.
Idina Menzel canta in stile belt dal minuto 2.35 “Defying Gravity”, nei secondi precedenti canta in stile Mix.
- Mix
Un suono mix, o anche definito speech, si basa sul parlato. Dalla voce cosiddetta parlata arrivo al canto senza modificare né impostare (quasi) alcunché. Da qui possiamo emettere un suono più rotondo o più chiaro, in funzione della posizione delle labbra.
Come dice la parola stessa, il mix è uno stile che coniuga i il legit, canto di testa e un canto di petto, come il belt.
Ci sono molte sfumature di canto Mix, da quello con una maggioranza di suoni di testa, l'”Heady Mix” a quello prevalentemente di petto, il “Chesty Mix“.
Sebbene l’Heady Mix abbia delle risonanze di testa, continua a non essere girato, ovvero non prevede un’apertura del palato molle.
Elaine Page canta in stile Heady Mix “Memory” – Meglio percepibile dal minuto 1.50
Caissie Levy canta “With You”:
Confrontiamo i ritornelli : il primo, dal secondo 0.58 in stile Heady mix; Il secondo, da 2.12 invece in quello che possiamo definire Chesty mix.“
- Ma cosa significa cantare in corda lunga o corta?
“Cantare in corda lunga o corta implica atteggiamenti diversi delle corde vocali durante l’emissione di suoni acuti. Si tratta, inoltre, di due dinamiche di risonanza diverse.
Nella tecnica legit come anche nella lirica, onde evitare che la laringe si alzi durante una scala o un salto ascendenti, ci si concentra affinché essa rimanga rilassata e relativamente abbassata (non forzatamente), affidando il lavoro principale al diaframma. Dal momento che la laringe non si innalza, la corda si allungherà divenendo sempre più sottile e vibrando in tutta la sua lunghezza, mantenendo le qualità acustiche omogenee in tutta la tessitura. Il suono prodotto dalle corde è relativamente debole, ma verrà amplificato da tutto un sistema di spazi (risuonatori) interni arricchendosi di armonici (se ti interessa approfondire l’argomento dei risuonatori clicca qui)
Nel canto belt in corda corta, al contrario, è necessario non farla allungare, dunque la laringe accompagnerà, alzandosi, tutta la tessitura. Il suono assomiglierà maggiormente al parlato, il palato molle non si innalzerà, in quanto non serve spazio per l’amplificazione. I suoni, infatti, sono già forti in partenza, poiché la corda corta è necessariamente più spessa di quella lunga. Ne consegue un suono molto più intenso e penetrante del legit. Nel belt, le corde si addurranno con maggior pressione: immagina di produrre un colpo di tosse senza tossire realmente. Riesci a percepire quanta pressione ci sia al livello della laringe? Questa è la condizione in cui si canta belt.”
- Quali possono essere i rischi e le controindicazioni di queste tecniche?
“La tecnica legit, quella più vicino al canto lirico, è sicuramente quella più sicura dal punto di vista della salute delle corde vocali. Si tratta di un canto che preserva lo strumento e che a lungo andare non lo danneggia.
Il belt, al contrario, va usato come le cartucce. Non bisogna mai e poi mai abusarne. Solitamente, infatti, i cantanti sfruttano questa tecnica per un ritornello, per il finale o per pochissime frasi, assolutamente non per tutta la canzone, poi si prosegue in tecnica mix. Il rischio è quello di sforzare tremendamente le corde vocali.”
- Difficoltà del passaggio dal musical alla lirica?
“Penso che le principali difficoltà riscontrate nel passaggio dal musical alla lirica siano piuttosto comuni a tutti i cantanti. Avere un suono troppo schiacciato in avanti e nasale è ciò che si ricerca nel musical, in particolare nel mondo inglese e americano (in Italia questo aspetto è molto ammorbidito). La caratteristica squillante è fondamentale anche nella lirica, ma in quest’ultima non è assolutamente contemplato un suono schiacciato e nel naso. Come abbiamo detto QUI, nella lirica la proiezione deve essere accompagnata dalla ricerca morbida ed equilibrata degli spazi interni del palato molle e della laringe per proiettare il suono non nelle narici.
Nel musical, questo schiacciamento viene esagerato nelle vocali strette, quindi I ed E. Renderle morbide e arricchirle di armonici per me è stata la difficoltà più grande: capire la loro posizione, arrotondarle e dar loro copertura.”
- Comodità del passaggio dal musical alla lirica?
“Il vantaggio del musical è sicuramente quello di saper cantare e recitare muovendosi molto.
Come sappiamo, le regie operistiche sono generalmente molto statiche, per non sfavorire il cantante in nessun modo durante la fonazione. Non vedremo quasi mai piroette, ballo o gesti estremamente atletici e tutto il movimento fisico è affidato al corpo di ballo, quello complessivo alla scenografia generale. Negli ultimi anni (fortunatamente) ci si sta dirigendo verso un canto più attoriale, verso una recitazione che accompagna il canto e in direzione di uno spettacolo più godibile dagli occhi oltre che dalle orecchie. In sintesi, il senso della presenza scenica sta cambiando: meno monumentale, più duttile.
Nel musical, come possiamo immaginare, il senso attoriale è ben più marcato e il cantante è obbligato a spostarsi molto di più. Questo mi ha insegnato a muovermi maggiormente e quindi ad economizzare meglio il fiato e ad indirizzare di più il movimento in senso scenico in funzione dei ruoli.
Inoltre, il musical prevede molto spesso delle parti esclusivamente in prosa. Ciò mi ha insegnato la naturalezza della recitazione, che nell’opera è molto sottovalutata. Rendere spontanea una situazione teatrale mi ha agevolato moltissimo nella credibilità anche del ruolo operistico, soprattutto durante i recitativi.
La recitazione del musical, in particolare in stile anglosassone, ha come prerogativa il fatto di far comprendere perfettamente ogni parola. Ho cercato di riportare lo stesso principio, per quanto la pronuncia si vada smussando, anche nei recitativi lirici.”
- Come gestire il fiatone?
“Se vieni inserito nell’ensemble in generale non verrai microfonato e di conseguenza il tuo canto potrà non essere estremamente accurato. Se invece il tuo ruolo è di singer/actor, durante i movimenti atletici devi cercare di non respirare con la bocca (si seccherebbe molto velocemente), ma col naso tra una parte di coreografia e l’altra, in maniera rapida ma profonda e trovare moltissimo appoggio sul diaframma. Se si assume una respirazione scapolare il rischio è quello di incrementare il fiatone. Sono rarissimi i casi, ad ogni modo, in cui ad un personaggio principale vengono affidate delle coreografie impegnative.”
- Prima di lasciarci vorrei chiedere ad Anna: cosa ti ha spinto a tornare in Italia e a spostarti sul versante lirico?
“Il mio ritorno alla lirica è stato dettato da sogni e motivazioni che avevo da bambina. Moltissimo ha contribuito, però, la situazione del musical italiano odierno. Oggi esistono prevalentemente compagnie amatoriali o semi professionali di livello medio-basso e, epidemie a parte, si organizzano pochissime produzioni di buon livello. Il cachet in generale non permette di vivere di questo lavoro. All’estero (Inghilterra, America o Germania) ciò non accade. Questo è il motivo per cui moltissimi italiani cercano di entrare nelle accademie di musical a Londra per poi rimanervi.
Il mondo lirico e quello musical non sono poi così distanti: entrambi sono difficili, competitivi e in quest’ultimo periodo, molto sottopagati, ma la soddisfazione e la gratificazione emotiva che ne scaturiscono superano le difficoltà a cui si va incontro.”
Ringraziamo moltissimo Anna per il suo tempo e la sua disponibilità.
Spero che questo articolo ti sia piaciuto! Per ogni dubbio o domanda non esitare a contattarmi.
Foto in copertina: Guillermo Casales on Unsplash